Alieni fra noi: Verdena, un Dio del Mese...Meid in Italy

di RSK

Senza un fine
non ci riesco a stare
Nevischio
Endkadenz Vol.1


Cosa aspettarsi dopo un capolavoro come Wow? Per giunta dopo un capolavoro doppio come Wow, una scorpacciata di musica da far impallidire qualsiasi ragioniere di un'etichetta discografica a cui non tornano i conti. Quanti in passato sono caduti miseramente o hanno addirittura chiuso i battenti dopo un'indigestione simile? Questi e altri pensieri si sono annebbiati nella mente del sottoscritto ogni qualvolta si accennasse alla nuova fatica, la sesta, dei bergamaschi Verdena. Diciamocelo pure, il miglior gruppo di rock italiano in attività. Pensieri sporadici perché il tempo passava e del fantomatico nuovo disco, nessuna traccia. Cosa aspettarsi dunque?
Risposta per niente scontata: un altro doppio!

Endkadenz Vol.1 è come il titolo facilmente lascia intuire, il primo dei due nuovi episodi della saga discografica dei nostri eroi. Il secondo uscirà non prima dell'estate. Diciamo subito che ancora una volta i Verdena stupiscono e già solo per questo colgono nel segno. Infatti dietro allo snobismo indie che da sempre gira intorno ai tre che calano dalla campagna/montagna bergamasca del loro minuscolo rifugio/pollaio/studio solo per striminzite promozioni seguite da indimenticabili e (come si conviene alle rockstar) neverending tours, si cela la parola magica: lavoro. Ebbene si, invece di prestar fede all'immaginario rock di sballoni esistenzialisti sempre alla ricerca dell'ago nel pagliaio rintanati nel pollaio a disfarsi di cannoni, i fratelli Ferrari e la Sammarelli (adesso anche manager del gruppo) lavorano intensamente, come artigiani, cesellatori alla ricerca continua della scintilla giusta. Alla scoperta interminabile di sempre nuove preziose macchine mescolate ad alambicchi straordinari che, di volta in volta, trasformano, maturano, in una parola, cambiano il sound del gruppo.



Non sono solo semplici trovate ma vere e proprie rivoluzioni che celano sempre la consueta coerenza. Ecco allora che se è vero che l'inizio del disco ci riporta, come se il tempo non fosse passato alle atmosfere di Wow, poco a poco si inseriscono suoni nuovi. Una pianola in fin di vita supportata da un input elettronico, delle voci in falsetto e un effetto distorsione ridondante sulla voce principale, quasi che Alberto questa volta abbia voluto giocare a nascondino con il proprio timbro vocale. Ma la vera novità è lo scostamento progressivo e assolutamente indolore dal rock degli esordi, esordi del disco ache, con le chitarre pesanti e la batteria ad incalzare per una virata quasi indie-pop-elettronica: una via di mezzo tra Lucio Battisti ampiamente omaggiato e Rino Gaetano, il secondo soprattutto nell'attitudine sbarazzina delle liriche, forse più seriose che in passato sicuramente molto poetiche.

Il risultato è l'ennesimo gioiello, convincente quasi fin dai primi ascolti, bisogna comunque concedersi il lusso del tempo per capirlo meglio e l'ennesimo tassello di una carriera ancora e malgrado tutto controcorrente ma sempre costantemente in salita. Complimenti!


E pensare che quando tutto cominciò vent'anni fa nessuno ci fece caso e inseri' il gruppo nel marasma delle band nostrane filo grunge o pseudo post-rock di metà anni '90. Chitarre distorte, pesanti e rumorose, attitudine nirvaniana e sbarazzina e concerti all'insegna dello:"spacom se tot!". I fratellini minori degli allora in grandissimo spolvero Afterhours, Marlene Kuntz e C.S.I mettevano fuori il becco dal guscio con Valvonauta, Dentro Sharon e Viba all'insegna di un alt.rock abrasivo. Era il 1999, ripetiamo, anni d'oro, ma nessuno in quel momento si sarebbe aspettato con il nuovo millennio il boom di questi tre "ceffi" bergamaschi (si legga con ironia).
2001: è appunto l'anno d'oro quello del secondo e splendido disco cioè Solo un grande sasso, prodotto da Manuel Agnelli. Album che abbandona certe ingenuità grunge e porta avanti un sound più anni'70 con digressioni progressive e psichedeliche degne, in quel periodo, dei maestri Motorpsycho.
E' un grandissimo successo, forse insperato, per non parlare del tour che segue e che sancisce l'incredibile attitudine live del gruppo già di fatto un oggetto di culto: Spaceman, Cara Prudenza, Onan...classici della band, da ricordare.


Ormai attesi al varco non deludono nemmeno con Il Suicidio del Samurai nel 2004, per me tra le cose migliori uscite quell'anno (di cui si è già parlato qui) e Requiem del 2007, che personalmente ritengo il loro disco meno riuscito anche se fin dal titolo e dai titoli forse il più ironico, perchè il più debitore di rimandi alla storia della musica piuttosto che alla storia dei Verdena.

Soprattutto si confermano come la più importante e talentuosa band in studio e ovviamente dal vivo dell'italica penisola. Per noi, è già storia, hanno in serbo nel 2011 un doppio capolavoro che ancora per molto farà parlare di se' e che fa rimenare tutti a bocca aperta...wow! (qui e anche qui)

Ma non c'è tempo, è tempo del nuovo doppio album (2015) e del nuovo tour ma soprattutto è tempo di diventare il Dio del Mese del più grande blog di musica scritto da cani è tempo di vederli sotto una luce nuova...una Nuova Luce!

6 commenti:

  1. faccio come il nevischio6 febbraio 2015 alle ore 05:22

    superparanoia!!!

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  2. Ma fioccano i Verdena da ogni parte su questo sito

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  3. Non bene da dove iniziare, Verdena o Phee Nee & Joe Vanardee?

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  4. sono un po' le due facce della stessa medaglia, quindi bando ai dubbi...comincia vedrai che finisci.

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